L'INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA


L'insegnamento della religione cattolica in Italia (talvolta abbreviato con l'acronimo IRC), comunemente chiamato ora di religione, è un'istituzione del concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica. Prevede che in tutte le scuole pubbliche italiane siano riservate lezioni settimanali (un'ora e mezza per materna, due ore per primaria, un'ora per secondaria di primo grado e secondo grado) all'insegnamento della religione cattolica. Ogni anno, all'atto dell'iscrizione alla classe successiva, lo studente decide se avvalersi o meno di tale possibilità. L'insegnamento delle religioni è presente in quasi tutti gli altri paesi europei (è assente solo in Francia, Repubblica Ceca, Slovenia e Albania) con diverse modalità (obbligatorio o facoltativo), contenuti (religione cattolica, protestante, ortodossa), approcci (storico, etico, para-catechistico).

Il valore educativo dell'IRC è particolarmente discusso:
da parte cattolica, ma anche da parte di alcuni esponenti laici (vedi in particolare Umberto Eco) la conoscenza della Bibbia e del cattolicesimo è ritenuta opportuna per conoscere una parte integrante del patrimonio storico, culturale, artistico dell'Italia;
da parte laica, ma anche di alcuni ambienti religiosi (ad esempio la Chiesa Valdese) è ritenuta in contrasto con la laicità costituzionale della Repubblica Italiana e dunque della scuola pubblica, non perché l'argomento non meriti attenzione, ma perché è un insegnamento di parte.

Gli insegnanti di religione cattolica devono essere in possesso dei requisiti previsti dal DPR 16 dicembre 1985 n. 751:

« Per l'insegnamento della religione cattolica, si richiede il possesso di uno dei titoli di qualificazione professionale di seguito indicati:
4.3. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado l'insegnamento della religione cattolica può essere affidato a chi abbia almeno uno dei seguenti titoli:

a) titolo accademico (baccalaureato, licenza o dottorato) in teologia o nelle altre discipline ecclesiastiche, conferito da una facoltà approvata dalla Santa Sede;

b) attestato di compimento del regolare corso di studi teologici in un Seminario maggiore;

c) diploma accademico di magistero in scienze religiose, rilasciato da un Istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede;

d) diploma di laurea valido nell'ordinamento italiano, unitamente a un diploma rilasciato da un istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana.

4.4. Nella scuola materna ed elementare l'insegnamento della religione cattolica può essere impartito, ai sensi del punto 2.6, dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari superiori l'insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall'ordinario diocesano. Nel caso in cui l'insegnamento della religione cattolica non venga impartito da un insegnante del circolo didattico, esso può essere affidato:

a) a sacerdoti e diaconi, oppure a religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana in attuazione del can. 804, par. 1, del codice di diritto canonico e attestata dall'ordinario diocesano;

b) a chi, fornito di titolo di studio valido per l'insegnamento nelle scuole materne ed elementari, sia in possesso dei requisiti di cui al primo comma del presente punto 4.4; oppure a chi, fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale italiana. »

Nomina degli insegnanti
Prima del Concorso per l'immissione in ruolo del 2004, la totalità dei docenti veniva nominata su segnalazione della curia diocesana al dirigente scolastico che normalmente confermava la nomina. Il contratto era annuale e non esisteva, come per i docenti delle altre materie, uno statuto giuridico di ruolo.

La legge 186 del 18 luglio 2003 ha previsto l'entrata in ruolo, previo concorso abilitativo, di circa quindicimila insegnanti (su circa venticinquemila complessivi), rendendo il docente "organicamente inserito nei ruoli della scuola e non più soggetto ai caroselli degli incarichi annuali" (ministro Giuseppe Fioroni, 6 marzo 2007). Dall'entrata in vigore della legge la nomina dei docenti di IRC compete, come avviene per la totalità degli altri insegnanti, per il 70% delle cattedre complessive al U.S.R. (Ufficio Scolastico Regionale d'intesa con l'Ordinario Diocesano, riguardante i soli docenti che hanno superato il concorso. La nomina del restante 30% è lasciato alla discrezione della curia diocesana e alla conferma del dirigente scolastico. L'autorità diocesana si riserva comunque di revocare l'idoneità dell'insegnante per alcuni gravi motivi, come incapacità didattica o pedagogica, e/o condotta morale non coerente con l'insegnamento.

Il concorso ha avuto luogo nel marzo 2004 ed erano idonei a partecipare solo i docenti con una carriera di almeno 4 anni d'insegnamento consecutivo e almeno 12 ore settimanali.

L'immissione in ruolo è avvenuta gradualmente in tre tranches, la terza e ultima delle quali è avvenuta il 30 luglio 2007.


Statuto didattico
Lo statuto didattico dei docenti di religione cattolica è sostanzialmente ambiguo. Secondo il cosiddetto "Testo Unico" in materia di istruzione,

« I docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica » (Decreto Legislativo 16 aprile 1994, art. 309.3).

Secondo tale disposizione sembra che il docente di IRC, al pari degli altri insegnanti, può determinare promozione e bocciatura degli avvalentisi (l'espressione ricorrente in ambito scolastico è che il docente "può alzare la mano" come gli altri docenti in sede di scrutinio).

Tuttavia altre normative sono meno chiare. In particolare l'intesa fra il Ministro della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza episcopale italiana, firmata il 13 giugno 1990, convalidata dal DPR 23 giugno 1990, n. 202 recita al punto 2.7: "Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale". Il termine 'espresso' è ambiguo: nello scrutinio il docente IRC deve 'esprimere' un giudizio che deve essere messo a verbale, ma non è chiaro se tale giudizio ha un carattere decisionale e costitutivo della maggioranza oppure no. La Sentenza n. 5 del 5 gennaio 1994 del TAR Puglia (sezione Lecce) ha stabilito che il giudizio degli insegnanti di religione cattolica iscritto a verbale doveva “mantenere un carattere decisionale e costitutivo della maggioranza”. Dunque è valido per determinare promozione o bocciatura. Sullo stesso tenore la Sentenza del TAR Toscana n. 1089 del 20 dicembre 1999, ribadita dallo stesso TAR per un diverso ricorso con la Sentenza n. 5528 del 3 novembre 2005. Di parere opposto è la Sentenza n. 780 del 16 ottobre 1996 emessa dalla prima sezione del TAR del Piemonte, per la quale la valutazione espressa dall'insegnante di religione non rientra nel piano del computo effettivo dei voti.

L'ordinanza ministeriale del 21 maggio 2001 n. 90 ha in parte ripreso l'ambiguità del DPR del 1990, stabilendo che nello scrutinio finale "il voto espresso dall'insegnante di religione, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale" (37.1). Nell'art 14.2 chiarisce però che "i docenti che svolgono l'insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento".

Il ministro Fioroni, con l'ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007 sembrava aver chiarito definitivamente la questione concedendo all'IRC (e alle materie alternative) pari dignità rispetto alle altre materie: "I docenti che svolgono l'insegnamento della religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernenti l'attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento. Analoga posizione compete, in sede di attribuzione del credito scolastico, ai docenti delle attività didattiche e formative alternative all'insegnamento della religione cattolica, limitatamente agli alunni che abbiano seguito le attività medesime" (8.13).

Tuttavia il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, accogliendo il ricorso di diverse persone ed associazioni laiche e cristiane non cattoliche, con l'ordinanza n. 2408 del 24 maggio 2007 dichiarò invalidi i punti relativi all'IRC presenti nell'ordinanza del ministro Fioroni. A questa ordinanza del TAR fece però seguito l'ordinanza del Consiglio di Stato (di grado superiore al TAR del Lazio) n. 2920 del 12 giugno 2007 che accolse il ricorso del ministro Fioroni.

Nel 2009 però il TAR della regione Lazio, accogliendo ricorsi presentati da associazioni laiche e non cattoliche, con la sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009, ha stabilito (come nel 2007) che gli studenti frequentanti l'ora di religione non possono aggiungere crediti formativi al loro curriculum per l'esame di maturità e che agli scrutini gli insegnanti di religione non possono presenziarvi a pieno titolo. Il 12 agosto il ministro Gelmini ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato, come fece Fioroni nel 2007.

Il DPR 122 del 22 giugno 2009, in vigore dal 20 agosto, rende de facto inutile la delibera del TAR del Lazio e l'annunciato ricorso al CdS, stabilendo che i docenti IRC concorrono nell'attribuzione del credito scolastico (6.3, vedi anche art. 2.4; 4.1; 4.3).

Possibilità di non avvalersi
Per gli studenti che non intendano frequentare l'ora di religione esiste la possibilità di non avvalersene: questi devono scegliere una delle possibilità che ogni scuola dovrebbe offrire, ovvero la frequentazione di corsi alternativi (lo fa il 9,7% degli interessati), lo studio personale assistito (scelto dal 18,8%) o non assistito (24,0%), oppure l'uscita dall'istituto scolastico. Quest'ultima alternativa è adottata dal 47,5% degli studenti interessati. Queste percentuali, relative al 2008/09, sono pressoché stabili da almeno dieci anni.

Negli ultimi anni il numero degli studenti "avvalentisi", come vengono tecnicamente chiamati, è in leggero e costante calo, a causa della secolarizzazione della società e alla crescente presenza di studenti stranieri. Nel 2008/09, è stato calcolato un numero di circa 700.000 studenti "non avvalentisi".

Ogni anno la Conferenza Episcopale Italiana, in collaborazione con l'Osservatorio Socio-Religioso Triveneto, procede ad elaborare delle statistiche sull'adesione degli studenti all'ora di religione. I dati vengono elaborati sulla base dei questionari compilati dalle diocesi italiane. Nell'ultimo numero disponibile, quello relativo all'anno scolastico 2008/2009, avevano partecipato allo studio 206 delle 223 diocesi italiane, mancando all'appello 3 diocesi nella regione ecclesiastica Lazio, 3 in quella Campania, 2 in quella Sicilia, 2 in quella Puglia, 1 in quelle Abruzzo - Molise, Lombardia, Marche, Umbria, Basilicata, Calabria e Sardegna.

Il raffronto tra i dati anno per anno può essere non pienamente corrispondente in ragione della mutabilità del campione. Infatti le diocesi che forniscono i dati cambiano leggermente ogni anno. Inoltre 28 delle 206 diocesi che hanno risposto ai questionari hanno indicato il dato in percentuale anziché in valore assoluto per cui la loro aggregazione ai dati nazionali e regionali è approssimativa. Alcune diocesi, 8 su 206, hanno confermato i dati degli anni precedenti.

Anche il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca elabora i dati sull'adesione, prendendo a campione una percentuale di istituti, ma non li rende disponibili. Pertanto le statistiche di pubblico dominio sono necessariamente di provenienza cattolica e non coprono tutto il territorio nazionale.

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